"Cos'è la felicità? Ovviamente è possedere un nuovo telefono..."
Il recente lancio commerciale del nuovo iPhone, corredato da isterismo collettivo, attese spasmodiche, file di aspiranti acquirenti fuori dai negozi (come se ne vedevano in guerra per il pane), spinge a fare alcune considerazioni.
Cosa fa pensare alle persone che l'ennesimo gadget tecnologico possa migliorare così tanto la vita? Era così degradante possederne uno meno moderno? Si ha bisogno di sfoggiare l'ultimo ritrovato in fatto di telefonia per sentirsi accettati (o accettabili)?
Questa non vuole essere una critica al prodotto specifico ma solo una riflessione sull'importanza ricoperta dagli accessori, nelle esistenze di molti individui e sui meccanismi psicologici che spingono questi ultimi a sentirsi infelici, o addirittura inferiori, se non ostentano l'ultimo status symbol che offre il mercato.
Quanto ci si sente euforici dopo un nuovo acquisto? Quando l'auto è nuova non la si userebbe anche per andare in bagno e non la si lava tutte le settimane? Non ci si sorprende a guardare con uno sguardo passionale e un po' ebete da ragazzino innamorato, la nuova "conquista" e non si perde occasione per mostrarla a chiunque?
Naturalmente questo tipo di passione/amore/dipendenza per le novità, che ci "riempono e colorano" la vita, è destinato a scemare, scomparire o a trasformarsi nell'esatto opposto...
Dopo solo pochi anni, l'auto che ci aveva reso così soddisfatti di noi, la si parcheggia fuori, in strada, mentre prima la si proteggeva dai ladri con il blocca-sterzo della televendita (persino in box). Se esce il modello nuovo, è una tragedia!
Nella telefonia e nelle tecnologie manco a parlarne, alcuni conservano in casa un piccolo museo della telefonia mobile dai primi "mattoni" agli ultimi smartphone. Viene da pensare che il telefono sia diventato "smart" a discapito dei suoi utilizzatori...
Gli stessi meccanismi di possesso, sono riscontrabili non solo per gli oggetti ma, e soprattutto, tra le persone. Spesso i rapporti di coppia seguono questo iter: nascono da un bisogno (di non stare soli, di rispettare i tempi psicologici della vita), poi si passa alla passione e amore sfrenati ("ti amo", "non ci lasceremo mai"), seguita da abitudine e noia (si inizia a chiedere di più) e infine rottura, condita solitamente da sofferenza ("Sei cambiato/a", "Mi hai tradito!", ""Ti odio").
Naturalmente questo tipo di passione/amore/dipendenza per le novità, che ci "riempono e colorano" la vita, è destinato a scemare, scomparire o a trasformarsi nell'esatto opposto...
Dopo solo pochi anni, l'auto che ci aveva reso così soddisfatti di noi, la si parcheggia fuori, in strada, mentre prima la si proteggeva dai ladri con il blocca-sterzo della televendita (persino in box). Se esce il modello nuovo, è una tragedia!
Nella telefonia e nelle tecnologie manco a parlarne, alcuni conservano in casa un piccolo museo della telefonia mobile dai primi "mattoni" agli ultimi smartphone. Viene da pensare che il telefono sia diventato "smart" a discapito dei suoi utilizzatori...
Gli stessi meccanismi di possesso, sono riscontrabili non solo per gli oggetti ma, e soprattutto, tra le persone. Spesso i rapporti di coppia seguono questo iter: nascono da un bisogno (di non stare soli, di rispettare i tempi psicologici della vita), poi si passa alla passione e amore sfrenati ("ti amo", "non ci lasceremo mai"), seguita da abitudine e noia (si inizia a chiedere di più) e infine rottura, condita solitamente da sofferenza ("Sei cambiato/a", "Mi hai tradito!", ""Ti odio").
In queste situazioni si chiama amore quello che semplicemente è un bisogno...
Ci si comporta come se si avesse bisogno di riempire un buco o un tassello della propria esistenza, si mette una pezza e per un po' ci si convince che possa anche durare.
Purtroppo (o per fortuna) ci pensa il tempo a ricordare che le pezze, prima o poi, giungono alle natiche...
Si nutre con tutte le forze un'immagine di noi stessi che ci si attribuisce e che spesso agli occhi degli altri nemmeno risulta come vorremmo. Qualcosa ci fa credere che per "essere" bisogna "avere", con la conseguenza che si diventa emotivamente dipendenti da modelli e schemi mentali, vere e proprie gabbie psicologiche, che limitano il libero arbitrio e la capacità di vivere serenamente il proprio tempo...
Non si cerca di spingere le persone all'ascetismo, ma solo di considerare quanto delle scelte che si fanno, giunge da una dipendenza psicologica o da una reale necessità.
Chi sceglie gli standard di conformità? Le etichette da rispettare per essere "allineato" alla massa e sentirsi meno "soli"? Come uscirne?
Prima di incolpare le multinazionali, i media o le sempre più sfacciate strategie di marketing, è necessario interrogarsi, guardarsi dentro e analizzare minuziosamente i propri desideri, solo ed unicamente osservarli senza alcun giudizio, fino a governare l'emozione e guidarla verso una più chiara e serena visione della realtà.
Se ci immaginiamo felici e realizzati nel futuro con un'auto nuova, un/a consorte o un cellulare, dobbiamo capire e osservare dentro di noi da cosa dipende quel senso di mancanza che ci opprime ADESSO.
Come per ogni cosa, il raggiungimento di un obiettivo nella vita, sarà agevolato dall'assenza, o meglio, dal CONTROLLO FERREO e VOLONTARIO di ansia o timori.
Non si devono reprimere i desideri (la repressione sfocia in disturbo) ma evitare di piegarsi alle paure o alle insicurezze che ci sembra di placare acquisendo simbolici prolungamenti di un ego insaziabile.
E' una prova (tutto nella vita lo è) e se non la si supera da soli, difficilmente un palliativo in arrivo "da fuori" ce ne scamperà.
Ci si comporta come se si avesse bisogno di riempire un buco o un tassello della propria esistenza, si mette una pezza e per un po' ci si convince che possa anche durare.
Purtroppo (o per fortuna) ci pensa il tempo a ricordare che le pezze, prima o poi, giungono alle natiche...
Si nutre con tutte le forze un'immagine di noi stessi che ci si attribuisce e che spesso agli occhi degli altri nemmeno risulta come vorremmo. Qualcosa ci fa credere che per "essere" bisogna "avere", con la conseguenza che si diventa emotivamente dipendenti da modelli e schemi mentali, vere e proprie gabbie psicologiche, che limitano il libero arbitrio e la capacità di vivere serenamente il proprio tempo...
Non si cerca di spingere le persone all'ascetismo, ma solo di considerare quanto delle scelte che si fanno, giunge da una dipendenza psicologica o da una reale necessità.
Chi sceglie gli standard di conformità? Le etichette da rispettare per essere "allineato" alla massa e sentirsi meno "soli"? Come uscirne?
Prima di incolpare le multinazionali, i media o le sempre più sfacciate strategie di marketing, è necessario interrogarsi, guardarsi dentro e analizzare minuziosamente i propri desideri, solo ed unicamente osservarli senza alcun giudizio, fino a governare l'emozione e guidarla verso una più chiara e serena visione della realtà.
Se ci immaginiamo felici e realizzati nel futuro con un'auto nuova, un/a consorte o un cellulare, dobbiamo capire e osservare dentro di noi da cosa dipende quel senso di mancanza che ci opprime ADESSO.
Come per ogni cosa, il raggiungimento di un obiettivo nella vita, sarà agevolato dall'assenza, o meglio, dal CONTROLLO FERREO e VOLONTARIO di ansia o timori.
Non si devono reprimere i desideri (la repressione sfocia in disturbo) ma evitare di piegarsi alle paure o alle insicurezze che ci sembra di placare acquisendo simbolici prolungamenti di un ego insaziabile.
E' una prova (tutto nella vita lo è) e se non la si supera da soli, difficilmente un palliativo in arrivo "da fuori" ce ne scamperà.
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Il Cammino di Santiago - Paolo Coelho
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