mercoledì 19 settembre 2012

Essere o Lamentarsi...

Al fine di riprendere il controllo di quanto avviene nella mente e dissolvere circuiti neurali consolidati (che tipicamente tengono in vita vecchi traumi, solite paure, consueti vizi etc.) esiste una pratica, o meglio una non-pratica, tanto efficace quanto sottovalutata da chi non l'ha mai sperimentata: la NON-LAMENTELA.

Se d'inverno ci si lamenta per il freddo e d'estate per il caldo, se il traffico è così disturbante che non si vede l'ora di arrivare sul posto di lavoro per lagnarsi con i colleghi, se tutte le volte che prendiamo la minestra o scotta o è troppo fredda, questo modo di agire può fare miracoli!

La lamentela parte da uno stato emotivo molto spesso pre-esistente alla situazione che spinge l'individuo a dedicarcisi. Se ci si alza con il "piede sbagliato" e il livello di auto-osservazione è così limitato da non rendersene conto,  non si perderà occasione per lamentarsi. Anzi si andrà inconsciamente alla ricerca di motivi di lagnanza o ci si lamenterà di qualcosa che fino al giorno prima non aveva mai rappresentato un problema.

La lamentela, soprattutto quella completamente inutile (Esempio: "Che tempo di merda!") non solo rappresenta uno spreco energetico notevole per se stessi ma è una fonte di disagio per i propri interlocutori. Chi vive nella lamentela trascina dietro a sè  la cosiddetta "nuvola di Fantozzi" e risulta pedante e antipatico agli occhi degli altri, che inizieranno a lamentarsi (sic!) del suo modo di fare.

Un recente articolo apparso sul Wall Street Journal suggerisce dei metodi per sopravvivere, sul posto di lavoro, a colleghi che fanno della lamentela uno stile di vita. Interessante è  la testimonianza di Robert Sapolsky, un importante autore e professore di neurologia e scienze neurologiche all'università di Stanford (California):  "L'esposizione continuata a flussi di negatività può disturbare apprendimento, memoria, attenzione e giudizio".
Che la negatività possa arrivare "dall'esterno" è sicuro, ma più spesso la si cova personalmente, anzi l'essere umano in questo senso è una perfetta chioccia!

Lamentarsi può arrivare ad essere parte integrante della personalità di alcuni individui che, in compagnia di altre persone soprattutto nuove conoscenze, si presentano maledicendo la crisi, i politici, gli extra-comunitari o l'inquinamento, forse spinti dal disagio, dalla paura di essere giudicati e/o di rimanere in silenzio.

Per praticare la non lamentela è necessaria una certa attenzione, non sarà una cosa immediata, i primi tempi ci si accorgerà di essersi lamentati solo dopo averlo fatto, è perfettamente normale anzi è indice di impegno e ovviamente non ci si deve lamentare di non avere avuto abbastanza concentrazione.
Con un po' di pratica, ci si accorgerà quando mente e corpo sono sincronizzati con della negatività che sta per sfociare nella lamentela, in questi casi basta fermarsi un attimo e semplicemente osservare, senza alcun giudizio, cosa avviene internamente a livello di sensazioni. La voglia di lamentarsi scomparirà in modo naturale e potrebbe fare capolino un barlume di serenità.
Bastano pochi giorni di impegno e la pratica di auto-osservazione può arrivare ad alti livelli, si diventerà come dei falchi nello scovare parti di sè che desiderano lamentarsi, si acquisirà magnetismo e le persone percepiranno una maggiore tranquillità in vostra presenza.
Questo perchè il lamentarsi comporta un enorme spreco di energia vitale (chiamata Ki o Prana nelle tradizioni orientali).
Gli allievi, nelle antiche scuole di arti marziali, venivano sottoposti a prove di resistenza fisica molto dure, per l'uomo moderno, esposto dalla nascita a livelli di condizionamento mentale e stress mai raggiunti in altre epoche, la vera battaglia è non cedere allo scoramento e mantenere dignità e sangue freddo, anche in situazioni sfavorevoli.

“Se non ti piace qualcosa, cambiala. Se non è possibile cambiarla, cambia il tuo atteggiamento. Non lamentarti”. (Maya Angelou, poetessa)

Domande tipica #1: "Come faccio a risolvere i problemi senza lamentarmi?"
Risposta: "Perchè conosci  qualcuno che i problemi li risolve lamentandosi?"

La differenza sostanziale tra lamentela ed esposizione di un problema sta nell'emozione che si percepisce "al di sotto". Se si dice alla mamma che l'arrosto è senza sale e nel frattempo sale (sic!) anche il nervoso, forse si tratta di pura lagnanza e non di un consiglio per migliorare la ricetta!

La lamentela è perfettamente inutile al fine di trovare soluzioni, è solo uno sfogo emotivo che prende voce e, contrariamente a quello che si pensa, non aiuta nemmeno a calmare stati emozionali critici.
Un classico esempio è quello dell'amante triste che è stato lasciato/a e passa in rassegna tutta la rubrica del cellulare "prosciugando" per ore amici e parenti...

Se si ha un problema sul lavoro si può esporre il problema ad un collega o a un superiore mentre se ci si lagna "a vuoto" con il portiere o la signora delle pulizie, ci si allontana dalla soluzione, si sprecano energie e ci si rende antipatici o al peggio pietosi..

Domanda tipica #2: "Ma bisogna accettare tutto senza protestare? Devo diventare un masochista?"
Risposta: "A conti fatti il masochista è chi si lamenta sempre ma non fa nulla per cambiare"

Altro classico esempio: le tasse sono alte e non si perde occasione di parlarne con tutti, magari ci si trova tra colleghi, amici (o persino sconosciuti al supermercato) a fare coretti a più voci di accuse, lamenti e piagnistei vari. Così facendo ci si alimenta "allegramente" a vicenda l'emozione negativa per poi tornare a casa affranti o incazzati a guardare la TV (argomento che merita un post tutto suo).  E questa sarebbe protesta?
La protesta è sicuramente più efficace quando parte da persone che conservano sangue freddo e una maggiore governabilità delle proprie emozioni e di conseguenza delle proprie azioni, piuttosto da chi è mosso da disperazione, rabbia o paura...
Se un pugile salisse sul ring in preda a timori o rabbia non avrebbe una sola speranza di vincere contro un avversario concentrato, presente e cosciente di Sè. 

Domanda tipica #3: "Io non credo che cambi qualcosa nella mia vita se non mi lamento"
Risposta: "Provare per credere!"

"Le persone che si lamentano del proprio stato danno sempre la colpa alle circostanze. Le persone che vanno avanti in questo mondo sono quelle che si danno da fare e cercano le circostanze che vogliono e se non riescono a trovarle, le creano." (George Bernard Shaw, drammaturgo)

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